Il primo giorno a Varanasi, una volta lasciata la Guest House per dirigerci verso i ghat, pensieri di ogni sorta si facevano strada nella mia testa: ” sarà giusto guardare, documentare o semplicemente stare lí in mezzo come dei pomodori?!…o magari si offendono e ci mandano via.. ” 

Mano a mano che ci avvicinavamo ai ghat, oltre agli odori forti presenti nei vicoli, una coltre di fumo si ergeva in lontananza.

Il respiro cambia, è più lento e faticoso ed anche l’odore ha un che di strano, ma famigliare.

Prima di uscire dal vicolo siamo stati travolti da numerose orde di persone che cantando e trasportando il defunto si facevano spazio in mezzo alla folla .

Il loro passo era deciso e andava a ritmo della loro cantilena che svaniva mano a mano si allontanavano in quel labirinto di vicoli.

Le cose iniziavano ad apparire diverse ai nostri occhi, tutto sembrava muoversi ad una velocità diversa, così anche noi iniziavamo a prenderci il nostro tempo per capirle ed elaborarle.

L’ultimo gruppo di famigliari che trasportavano il defunto davanti a noi, poco prima di affacciarsi sul ghat si ferma bruscamente, facendo sbattere il trasportino di legno nel muro del vicoletto, un toro si era sdraiato 
proprio davanti all’uscita.

Qualcuno ha iniziato ad urlare e a smuovere il toro con un bastone raccolto per terra e le sue urla in breve si sono amalgamate ai canti dedicati al morto ed il toro si è spostato.

In breve ci siamo trovati ad ammirare quello spettacolo, unico e suggestivo delle cerimonie funebri sui ghat.

Pire di fumo si ergono alte verso il cielo colorandolo di grigio.

La stessa nube grigia avvolge i ghat e la zona circostante, rilasciando nell’aria una leggera fuliggine che si posa dolcemente ovunque.

Intanto piramidi di legno bruciano senza sosta, la temperatura ed il calore aumentano ed in un attimo vi sembrerà di trovarvi in un girone dell’inferno Dantesco.

All’improvviso non ci sono più pensieri, la mente si libera e si osserva: i suoni ed i canti sembrano scandire il tempo velocemente, mente la preparazione del defunto ed il rito di per sè sembra lento…o almeno questa è la percezione assistendovi la prima volta.

Dopo aver assistito a tutto il rituale attentamente e silenziosamente, penso che effettivamente nessuno si è curato della presenza dei turisti stranieri che assistevano alla cerimonia.

Al contrario in segno di rispetto ti fanno sedere nei gradoni davanti alle pire che bruciano per farti vedere meglio.
Parlando con degli “avvoltoi” del caso, uno dei tanti ci ha chiesto che se volessimo fare delle foto e che sarebbe stato possibile con un “offerta”.

Al che ricordo di avergli detto: ” ma scusa, la foto non impedirebbe all’anima di lasciare questo modo tranquillamente senza alcun problema?” .. E lui ha risposto di no.

In merito a questa domanda abbiamo ricevuto svariate risposte ed alcune molto convincenti sebbene affermassero cose diverse.

Quella con cui mi sono trovata d’accordo è stata la risposta di un ragazzino che vedendomi con una macchina fotografica appesa al collo mi ha fatto cenno di si con la testa.

Gli ho detto chiaramente “no photo”, come a dire che non avevo intenzione di farla e lui mi ha detto che era ok, che quella è una cerimonia aperta a tutti proprio per essere condivisa.

Il ragazzo ha continuato sostenendo la sua tesi in maniera convincente, al che mi è venuto il dubbio che fosse così accomodante perchè volesse poi chiedere la solita “offerta”.

Infatti era così, però quello che aveva detto mi ha dato da pensare.

Effettivamente tutto viene fatto alla luce del sole per essere condiviso, perchè la morte qui non viene vista come un dolore personale da vivere all’interno delle mura di una casa e solamente con i cari o parenti più stretti.

Quì no! La morte coesiste tranquillamente con la vita, oserei dire che Varanasi sembra appartenere piú ai morti che ai vivi.

I canti, le preghiere, la meditazione e la quotidianità stessa viene condotta in maniera tale da assicurarsi un “proseguo” migliore dopo la morte.

In fondo Varanasi è speciale per questo, tutti gli Hinudisti vogliono morire quì.

Tutti vogliono essere cremati con la sacra cerimonia sulle rive del fiume, ed assicurarsi di raggiungere il Moksha (ovvero il loro paradiso) e terminare il ciclo di reincarnazione.

Per loro la vita terrena è solo uno stadio di passaggio, ma non l’ultimo.

Per questo la morte viene concepita in maniera diversa, dolorosa sicuramente, ma con la ferma convinzione che ciò che brucia sulle pire sia solo il corpo e non l’anima.

Da quel primo giorno in poi ogni volta che ho potuto ho assistito a tutte le cerimonie, ogni volta che ce n’era l’occasione…e se non c’era la cercavo!

Non è per intromettersi o guardare furtivamente da turista del caso, ma è proprio per cercare di capire.

Capire come vivono il dolore, come lo metabolizzano e con quale facilità lo condividono.

Non c’è una sola volta in cui assistendo non abbia imparato qualcosa.

Sono esperienze che ti arricchiscono e che trasmettono sensazioni inspiegabili.

Paradossalmente la morte a Varanasi va “vissuta” per essere capita…o almeno vale la pena provarci.

Una parte dura da accettare è rendersi conto di respirare la cenere dei morti, di vedere la fuliggine sui propri capelli e vestiti.

In fondo riflettendoci meglio però…perchè dovrebbe stupire ? Qui la maggior parte delle cose che vediamo rimandano al “medioevo”: come dentisti che operano all’aperto con una sedia su un marciapiede e gli arnesi appoggiati ad un comodino decadente in mezzo alla strada.

Abbiamo assistito a scene in cui questi “dottori” estraevano qualcosa dalla bocca del paziente, e subito dopo “sbatacchiassero” il bisturi per poi ripulirlo su stracci sporchissimi.

Tutto questo accadeva “tranquillamente” nel vicolo di una delle vie più trafficate della cittá.

Spesso abbiamo visto gente lavarsi mani, denti ed addirittura fare il bagno ai bimbi nei ruscelli delle fognature che scorrono ai lati delle strade.

Per non parlare di quelli che vi lavano le stoviglie, le stesse in cui viene posto il cibo per turisti e locali che mangiano nella “bettola di turno”…come noi.

Abbiamo visto topi delle dimensioni di tassi girare vicino alle persone, come se fossero turisti a passeggio, per non parlare di quelli che convivono insieme a camerieri e cuochi all’interno dei ristorantini locali lungo le strade.

Nonostante ogni giorno si vedano cose forti, sono tutti dei pezzetti di un puzzle che rappresentano perfettamente Varanasi.

Questa è una città complessa, ricca di vita, morte, contraddizioni e curiosità…ecco perchè secondo molti vi risiede il cuore dell’India.

Secondo me Varanasi non va per forza capita, ma va accettata, come va accettato il loro modo di concepire e vivere la morte.

Se loro per primi desiderano condividere pubblicamente un avvenimento che per noi è solitamente intimo, famigliare e per pochi, non dovremmo assolutamente sentirci in difetto ed anzi assistere alle cerimonie funebri e cercare di imparare e custodire questi preziosi attimi così diversi dalla società occidentale.